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Fiera San Michél

San Michele a Prada Bassa: una festa montana che segna tradizionalmente la conclusione del periodo dell’alpeggio sul Monte Baldo. Dal cargàr la montagna di maggio alla fiera di fine settembre.

A Maggio si caricano i monti. Circa tremila tra vacche e manze vengono condotte sui pascoli del Monte Baldo. Durante tutta l’estate s’anima il mondo delle malghe. Quella estiva è stagione d’alpeggio.

E, pur con le dovute innovazioni, si seguono formule antiche. Come quella che vuole che l’alpeggio si concluda, improrogabilmente, in una data fissata da remote consuetudini: il 29 di settembre, giorno di San Michele. A sancire ogni anno, da secoli, il termine dell’alpeggio, è una festa montana ancora oggi ben viva: la festa del bestiame di San Michél in Prada Bassa.

Quanto sia antica questa fiera è difficile stabilirlo con certezza. Tutto fa supporre abbia radici lontane nel tempo. Del resto il culto di San Michele, caro a barbari e longobardi, si affermò nel settimo secolo, quando la chiesa era impegnata a cancellare i residui pagani preesistenti tra le popolazioni.

Michele è l’arcangelo guerriero che difende con la propria spada dalle insidie del demonio le anime al momento del giudizio. La sua festa sostituì i riti legati all’equinozio autunnale, dedicato, come quello primaverile, al Sole”. Difficile comunque che la fiera di Prada risalga ad età così lontana. Soprattutto se San Michél è sempre stata festa per la chiusura dell’alpeggio.

È stato infatti solo con la Serenissima Repubblica di Venezia che sul Baldo l’alpeggio venne organizzato e incentivato.

Ancora oggi, come nei tempi andati, la fiera di Prada è il momento per il ritrovo dei montanari, dei malghesi. È l’occasione per trarre valutazione sugli esiti della stagione del pascolo. O per chiudere contratti, siglati sotto l’occhio vigile d’onnipresenti mediatori. Protagonista di San Michél è la gente della montagna. Ma è anche il bestiame, che viene esposto sui prati che stanno a lato d’un piccolo tempio romanico che si affaccia sul lago di Garda.

Da: Angelo Peretti:  “Far San Michél

La fiera di San Michele a San Zeno di Montagna e le tradizioni dell’alpeggio e dei formaggi del Monte Baldo”

I mangiari della fiera

Trippe in brodo e pìto coi capùsi: sono i rustici piatti del “far San Michél” in Prada Bassa. Le trippe vengono consumate già la mattina presto, subito dopo Messa, magari per suggellare il contratto appena stipulato. Accompagnando la scodella fumante con gòti di rosso asprigno.
Il tacchino è in tavola a pranzo. In trattoria, in Prada Bassa, fanno il pìto coi capùsi, il tacchino accompagnato dal cavolo stufato nell’aceto.
E l’accostamento ha precise ragioni. Pìto e cavolo cappuccio appartenevano al mondo della malga.
Il tacchino lo si allevava per farci carne, certo, ma anche per tenere alla larga il pericolo delle vipere. La tradizione popolare assegna al pìto il ruolo di gran cacciatore di rettili. Lo si lasciava quindi libero di muoversi nei prati accanto ai bàiti, liberando il terreno dall’insidia della serpe velenosa. Ma a fine alpeggio il pìto aveva terminato il suo ruolo di difensore della malga: non più utile come sentinella, prima di lasciare il bàito gli si doveva tirare il collo. Per mangiarlo a San Michél.
I capùsi erano l’ortaggio più coltivato nei piccoli orti accanto ai bàiti. Anche se temono la gelata, i cavoli cappucci reggono benissimo il clima freddo: cosa di meglio piantare negli orticelli in quota, dove non è raro che anche in piena estate le temperature s’abbassino d’improvviso? E poi sono facilmente conservabili, qualità di grande rilievo ai tempi in cui riempire la dispensa era ragione di vita o di morte. Li si mangiava dunque in parte crudi, in insalata, tagliati fini fini, oppure ci si potevano fare i crauti, sapido contorno per i salumi cotti (il cotechino, la salamella), o li si stufava nell’aceto, per metterli accanto alle costine di porco cotte sulla griglia o per accostarli al pìto.
Per San Michél si mangia all’insegna della cucina rustica e robusta.

La fiera di San Michele a San Zeno di Montagna e le tradizioni dell’alpeggio e dei formaggi del Monte Baldo

Angelo Peretti

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